HAIKU 700
Haiku è poesia semplice, senza titolo, fronzoli o retorica; la sua forza è suggestione della natura, sintesi di pensiero e immagine, scena rapida ed intensa dell'attimo presente, un vuoto di emozioni che sta al lettore completare.
Il concetto dal quale è scaturito HAIKU 700 è una idea legata all'essenzialità dell'uscire a vela a godersi il mare, eliminando tutto ciò che non è funzionale a questo semplicissimo scopo, un progetto nato e progredito "togliendo cose" invece che aggiungerne, una spirale di progettazione nella quale ad ogni passo si doveva rispondere alla domanda: "Questo serve davvero? Possiamo farlo in maniera più semplice, più leggera?". Una barca facile da costruire, divertente da portare, dal look accattivante, adatta a uscite giornaliere in condizioni medio-leggere.
Il progetto è stato impostato da subito sulla massima leggerezza e semplicità di tutto ciò che c'è a bordo, all'insegna del "LESS IS MORE" o se preferite "quello che non c'è a bordo non costa, non si rompe, non pesa", nella convinzione che avere una barca leggera vuol dire avere una barca veloce e reattiva, ma soprattutto avere una barca che cammini bene con un piano velico relativamente piccolo, e quindi tenendo bassi i carichi su tutte le manovre e sul rig; un progetto che un autocostruttore si possa davvero costruire in toto, dallo scafo al rig (autocostruibile, daremo anche la scheda di laminazione e le note per farsi un boma in carbonio, per chi fosse interessato, oltre al ad un tradizionale rig in legno ma con accenti hi-tech in alcune soluzioni) e con una attrezzatura di coperta super easy ma funzionale, eliminando l'obbligo di dotarsi di winches, stopper, rotaie e carrelli ed altre attrezzature che facciano lievitare i costi; unica concessione sono i due avvolgitori per fiocco e gennaker, davvero troppo utili nell'ottica di una gestione facile facile del piano velico per non essere inseriti nel progetto.
Lo scafo è a triplo spigolo per semplificare il sistema costruttivo; la carena ha dei buoni volumi a prua senza esagerare, baglio parecchio largo e arretrato, 2,50m, poppa piatta e leggermente immersa, murate non troppo alte, tuga minimale, pozzetto semiaperto a poppa, con un carter in compensato a proteggere il sistema di collegamento dei timoni alla barra centrale; anche questa è una scelta di semplicità di utilizzo: garantisce la possibilità di scendere in acqua a farsi un bagno senza doversi preoccupare di risalire in mezzo ad un guazzabuglio di aste e cerniere di collegamento dei timoni. Ogni scelta progettuale è stata dettata come già detto dalla leggerezza e dal tenere il baricentro delle strutture dello scafo basso il più possibile, per poter avere poca zavorra a parità di stabilità, e quindi ancora maggiore leggerezza. Il bompresso a prua è fisso ed è resinato allo scafo. Il pozzetto è semplicemente enorme, ancora più grande di quello già super capiente di idea 19 e 21, sulle panche stanno comodamente tre adulti da una parte, e magari uno o due bimbi sull'altra murata; anche qui, massima leggerezza e semplicità, la struttura che regge le panche è aperta, la parte inferiore si può attrezzare con degli elastici e usarla come "portatutto", un pò come si fa in kayak.
Chiglia e zavorra da autocostruire in legno e una laminazione in tessuto di vetro di rinforzo, con un bulbo a siluro da soli 120 kg appeso sotto con due prigionieri filettati; la chiglia è retraibile in verticale con un paranco a mano e una struttura di sollevamento rimovibile in tubi di alluminio rivettati, scorre su delle guide in teflon dentro una scassa in compensato da chiudere ermeticamente in navigazione; il tutto assolutamente alla portata di un autocostruttore; una zavorra supplementare di 75 kg è presente in sentina a prua della deriva, serve a tenere basso il centro di gravità e dare il giusto trim alla barca.
La leggerezza dello scafo ha permesso di avere un piano velico medio, con un albero appena più lungo dello scafo; un compromesso che permetta di muoversi in arie medio leggere ma senza cercare superfici veliche esasperate, consci del fatto che con soli 120 kg in bulbo se si aumentano le superfici veliche si aumenta il range di situazioni "crocette-in-acqua";
Se poi qualche costruttore sportivo volesse spingere un pò di di più sulle performances, se ne può parlare, i margini ci sono; la scelta della randa square top è, un pò paradossalmente, un ritorno all'antico in chiave hi-tech, nel senso che è una scelta fatta più per tenere basso il centro velico che per esasperare la superficie della randa stessa, un po' come accadeva per gli armi aurici; il fiocco è un olimpico da meno di 7m2 gestibile con un paranco di scotta 1:2 senza winches, e rollabile con un rollafiocco senza canala (il fiocco ha lo strallo integrato interno come sulle derive); idem per il gennaker, col suo rollagennaker che fa diventare la manovra di questa vela una cosa alla portata di chiunque, per divertirsi a planare al lasco senza astruse manovre di issata e ammainata.
Il rig è commissionabile ad un alberaio (alluminio o carbonio) o autocostruibile in legno con istruzioni dettagliate sui piani, in questa ultima soluzione abbiamo tenuto tutto leggero il più possibile ed eliminato buona parte dei fissaggi in metallo sull'albero utilizzando degli stroppi in tessili alto carico, resistentissimi e leggeri e perfettamente autocostruibili , con i quali fissare stralli e sartie.
La randa è armata con un paranco 1:5 su un archetto in spectra , evitando rotaie e carelli; quando ci si ferma in rada a fare il bagno, si può smontare l'archetto su un lato, fissarlo su uno dei golfari di lato col boma fuori dal pozzetto ed avere tutto lo spazio completamente libero da impicci.
Il "palo" è praticamente lungo quanto lo scafo, per facilitare le operazioni di trasporto su carello e le operazioni di alberamento e disalberamento senza dover maneggiare robe 2 metri più lunghe della barca stessa.
L'attrezzatura di coperta è molto semplice: niente winches, niente stopper, niente rotaie e carrelli, solo bozzelli e paranchi; al posto degli stopper abbiamo messo delle gallocce autocostruibili a partire da un listello di legno duro, all'insegna della leggerezza e dell'economicità. Unica concessione ad una certa complessità nell 'attrezzatura sono i due rollatori, per il fiocco per il gennaker: sono davvero troppo comodi, specie il rolla-gennaker, per lasciarli fuori. Non sono previste draglie continue e pulpiti, solo due candelieri corti per lato e una fascia per la schiena all'altezza del pozzetto e delle cinghie per i piedi sul paiolato del pozzetto.
Il sistema di governo è basato su due pale del timone, montate con agugliotti e femminelle commerciali, collegate da due aste di controllo alla barra centrale con teste sferiche commerciali; il tutto nascosto da un carter in compensato smontabile che rende molto praticabile anche questa zona senza dover saltare aste, giunti e meccanismi vari.
Per la propulsione visti pesi in gioco e l'utilizzo, un fuoribordo elettrico da 1.3 kW è la soluzione secondo noi migliore, per dimenticarci di benzina serbatoi e tubi vari a bordo, una batteria di pochi kg da mettere in una sacca e portarci a casa per ricaricarla a fine giornata, e un motore leggero facile da stivare in cabina. Ovviamente lo stesso compito lo può svolgere un "tradizionale" fuoribordo a benzina da 2 HP
Considerato l'utilizzo della barca gli interni sono davvero minimali, sostanzialmente un piano con una cuccetta a V da prua sino a fine tuga e dei cuscini dove schiacciare un occasionale pisolino o rilassarsi, nulla più; l'altezza interna sotto la tuga è di circa 1,25 metri.
Sotto il piano cuccette il volume è utilizzabile per stivare dotazioni o altro; la discesa in cabina avviene con un gradino che forma anche il tappo della cassa deriva. La parte orizzontale del tambuccio è asportabile e non scorrevole, mentre il pannello verticale è classicamente suddiviso in due parti e insiste su un telaio incollato sulla paratia di chiusura cabina.
Abbiamo mutuato il sistema costruttivo del Saltaspiaggia: si parte dai pannelli dello scafo in compensato marino da assemblare col sistema "cuci & incolla" su 4 seste a perdere in legno economico che faranno da scalo di costruzione, quindi si iniziano a incollare dentro lo scafo gli elementi della struttura: i correnti longitudinali del fondo, il trave di chiglia con il dritto di prua, la cassa deriva, i madieri e le paratie, per poi passare al rinforzo di murata, al corrente di cinta, ai pannelli di coperta e tuga, e ai bagli; tutti gli elementi sono abbastanza snelli da essere curvabili a freddo, non ci sono elementi così rigidi da richiedere lavorazioni in lamellare o curvature a vapore.
Budget richiesto: l'ammontare è "tutto compreso" dai pannelli di compensato marino, ai correnti di massello, alle resine epossidiche, sino all' attrezzatura di coperta e alle vele (nuove da veleria) e rig (autocostruito), e al fuoribordo elettrico : per farla breve la barca si può mettere in acqua con un budget di circa 11.000,00 euro con vele nuove e motore elettrico nuovo, oppure con circa 9500 euro reperendo un fuoribordo da 2 HP sul mercato dell'usato. Il tutto calcolato a prezzi di mercato sul web per resine epossidiche e compensati e attrezzature.
Recentemente sono stati inseriti i disegni per una versione più corsaiola, con coperta flush deck e rig "turbo"
Specifiche HAIKU 700
- lunghezza scafo: 6.2 m (6.8 m con bompresso)
- lunghezza fuori tutto : 7.05 m
- baglio massimo: 2,5 m (carrellabile)
- baglio al galleggiamento: 2,11 m
- pescaggio deriva giù : 1,72 m
- pescaggio deriva sollevata: 0,40 m
- altezza massima sulla DWL : 8m
- coefficiente prismatico: 0,59
- tasso immersione: 93 kg/cm
- superficie bagnata (corpo canoa) : 9.6 m2
- SA/displ^2/3 = 20 al dislocamento di progetto (24 a barca equipaggiata)
- SA/wetted area = 2.1 al dislocamento di progetto
- altezza massima su DWL : circa 8 m
- zavorra: 120 kg in bulbo, 75 kg in sentina