"Lunica"……..una gran bella barca !!!!

La cronaca……lunga e dettagliata della sua nascita.

Testo e foto di Stefano Guazzaroni

 

Già dall’estate 2003, mi ero messo in testa di costruirmi una barca a vela.

Naturalmente doveva essere in legno, o meglio, in compensato marino e fu così che incominciai a "navigare"ma solo su Internet.

Per un paio di mesi "navigai" in lungo e in largo sulla rete, andando a cercare qualcosa che si potesse adattare alle mie esigenze, che in quel momento, erano di costruire una barca poco impegnativa dal punto di vista logistico, quindi carrellabile, per portarla a casa la sera, e da armare e disarmare velocemente, abitando a soli 10 km dal mare.

Mentre dal punto di vista delle prestazioni, doveva essere semplicemente una barca per andare a passeggio con la famiglia, o al massimo fare qualche piccola gita giornaliera su qualche spiaggetta non raggiungibile diversamente, quindi senza alcuna pretesa corsaiola, ne velocistica.

La mia scelta cadde su una deriva di Dudey Dix, l’Argie 15, lunga appunto 15 piedi e larga 1,83 metri, ordinai subito i disegni e così anche per me, incominciò "l’avventura".

  

 

 

 

Una volta studiati ed esaminati attentamente i disegni, mi accorgo che la barca, aveva si una linea bella ed accattivante, ma era molto razionale e spartana nel suo interno ( pozzetto) e nella realizzazione dell’armo velico, cosa che io non consideravo assolutamente come un difetto, ma bensì come un pregio, in quanto proprio perché razionale e spartana, lascia molto spazio alla fantasia di chi la costruisce.

   

 

Quindi decido di utilizzare i piani di costruzione, solamente per realizzare lo scafo, mentre per il resto, decido appunto di impostare la costruzione a "modo mio".

Appena arrivati i sei fogli di compensato marino da 6 mm di okumè, marcato "WBP", ho riportato su di essi i disegni in scala 1:1 dei pannelli che compongono lo scafo, rilevando scrupolosamente le misure dai piani di costruzione, quindi li ho tagliati con il seghetto alternativo sovrapponendo i fogli (dove serviva) per avere i pezzi perfettamente speculari e portati a misura per bene, con la levigatrice a nastro.

In seguito, su un semplice scalo formato da due assi di circa 100x100 mm. lunghe un po’ più della barca, ho unito i pezzi con il sistema "cuci e incolla", così in poco tempo la barca ha preso la sua forma.


  

A questo punto, subentra una pausa di riflessione che dura più o meno un mese, durante la quale decido e pianifico, a grandi linee i metodi e le soluzioni, su come portare a termine la costruzione.

Per prima cosa, ho incollato due correnti, in legno di pino da 40x20 mm lungo le due fiancate, da prua fino a poppa, ed uno anche sullo specchio di poppa. I correnti, li ho uniti insieme, nei rispettivi angoli, (quello di prua e i due a poppa) tramite fibra di vetro e resina epossidica addensata. 

  

Per tenerli aderenti alle fiancate della barca durante l’incollaggio, avevo precedentemente praticato dei fori da 6,5 mm. ogni 500 mm., passanti sia sui correnti che sulla fiancata, quindi li ho fissati con delle viti M6 e rispettivi dadi, che una volta essiccata la resina ho provveduto a togliere.

Ho fatto anche in modo che l’altezza di fissaggio dei correnti sulle fiancate, delimitasse l’appoggio della panca, su cui sedersi durante la navigazione.

Quindi, rilevando le quote sul disegno, ho posizionato e delimitato i tre gavoni stagni, (uno a prua, uno al centro ed uno a poppa) tramite dei listelli da 20x20 mm. di pino incollati al fondo ed alle fiancate della barca, con resina epossidica addensata e tenuti fermi, utilizzando degli stecchini di bambù (quelli grandi, di diametro circa 3 mm.) a mò di chiodi, impregnati di resina liquida.
 


 

Una volta essiccato il tutto, ho incollato e "inchiodato" (...con lo stesso metodo) le paratie, sempre in compensato marino da 6 mm. ottenendo così una struttura globale, molto rigida e compatta.

 

Successivamente, ho provveduto a costruire sopra il fondo del pozzetto, sia a proravia che a poppavia della panca centrale, ma staccato di un paio di centimetri una sorta di paiolato che contribuiva a dare un aspetto più piacevole e di sicuro a rendere più asciutto il fondo della barca.

Per fare questo, ho incollato e fermato, sempre con il solito sistema descritto sopra, un listello di pino a dritta ed uno a sinistra da 20x20 mm. a filo dei due spigoli, internamente alla barca, seguendo l’andamento del fondo e quindi di fatto, sopra ai nastri di fibra di vetro che servono a collegare i due pannelli di compensato, in seguito ho incollato un altro listello sempre di pino ma di sezione 30x10 mm. messo di coltello a ridosso ed esternamente ai precedenti, formando una sorta di guida, larga più o meno quanto la parte piatta del fondo della barca.

A questo punto, ho tagliato delle doghe di compensato marino, larghe 100 mm., di spessore 19 mm. e di lunghezza adeguata, in modo da farle stare appoggiate sopra i due listelli da 20x20 mm. e tra i due listelli da 10x30 mm.

Tra una doga e l’altra, ho lasciato uno spazio di 20 mm. e quindi le ho unite insieme nella parte inferiore a gruppi di 5 doghe, tramite due listelli di pino, messi perpendicolarmente e larghi 20 mm. (non visibili in questa foto) che poggiano sul fondo, ma incollati ed "inchiodati" alle doghe con un interasse di 400 mm. rispetto all’asse di mezzeria della barca.


   

Con questo sistema, il peso sopra al paiolato, viene ad essere distribuito equamente tra i due listelli che tengono unite le doghe e gli altri due listelli incollati al fondo della barca, sopra gli spigoli.

Nel disegno originale, era prevista una deriva a baionetta, ma per utilizzare la barca lungo costa ed in acque spesso abbastanza basse, come serviva a me, ho ritenuto opportuno modificarla e farla diventare basculante, lasciando però la superficie immersa e la sua posizione, rispetto allo scafo, uguale al disegno.

La deriva, come pure la pala del timone, li ho realizzati incollando con resina epossidica, tre fogli di compensato marino a mò di sandwich, uno da 8 mm. al centro e due da 6 mm. ai lati, interponendo tra di essi uno strato di tessuto di vetro da 160 gr/mq., messo con la trama a 45 gradi, rispetto alla venatura del compensato.


 

Per il punto di snodo, sia della deriva che del timone, ho eseguito un foro passante da 18 mm. di diametro, sul "sandwich", quindi ho applicato un pò forzata, una boccola di teflon con un foro alesato da 10 mm. e dello spessore del "sandwich" stesso, quindi ho infilato un perno di acciaio inox ovviamente da 10 mm di diametro e largo quanto l’apertura della cassa, forato e filettato da M5 al centro, per poter fissare alle rispettive casse, sia la deriva che la pala del timone, tramite delle viti di acciaio inox da M5.

Per quanto riguarda il timone, invece, ho si lasciato invariata la parte immersa, ma l’ho completamente rivisto nella sua forma diciamo dell’opera morta e nel suo meccanismo per alzare e abbassare la pala, che avviene semplicemente alzando di qualche centimetro la barra per poi tirarla in avanti.

  

Terminati questi lavori, ho eseguito il ciclo di verniciatura all’interno della barca, con due mani di resina epossidica per impermeabilizzare il legno, quindi due mani di fondo poliuretanico bicomponente ed altre due mani di smalto opaco, sempre poliuretanico e bicomponente.

 

 

Rimaneva ancora da realizzare l’alberatura, che secondo me andava fatta sicuramente in legno e finita con vernice trasparente.

E così, siccome un albero di legno già pronto e alto intorno a 6 metri non sapevo proprio dove andarlo a pescare, ho deciso di costruirmelo da solo, sia l’albero che il boma.


Vi posso assicurare che l’esperienza è stata bellissima e una volta terminati i lavori, la soddisfazione tanta. E' quasi come  costruirsi un’altra barca.

 

 

Dopo aver guardato un po’ in giro, ho optato per un’essenza di pino seminetto e per una sezione che a partire dalla scassa, fino un po’ sopra la panca, era rettangolare da 62x80 mm. con angoli smussati, quindi ancora una sezione sempre delle stesse misure, ma ovale fino a 5 metri di altezza, per poi proseguire fino alla quota di 6,15 metri (tanto è venuto alto), con una rastrematura ovviamente solo sulla parte anteriore fino a diventare perfettamente tonda. 
Per realizzare l’albero, ho dovuto costruire un tavolo di lavoro lungo 6,5 metri e perfettamente in piano. (questa è stata la cosa più noiosa da fare). 

L’albero, l’ho realizzato naturalmente vuoto all’interno, partendo con dei listelli da 40x10, piallati e lunghi sempre 2 metri (non ho trovato niente di meglio) quindi li ho dovuti unire insieme per formare due strisce larghe 80 mm. spesse 10 mm. e lunghe ben 6,15 metri.
Su ogni striscia, ho poi incollato, da una parte (diciamo a proravia) un listello da 15x15 mm. per tutta la lunghezza ed a fianco a questo, un altro listello triangolare, mentre dall’altra parte (diciamo a poppavia) che poi è la parte dove ho realizzato anche la canaletta per infierire la randa, due listelli accoppiati, sempre da 15x15 mm.

   

Sopra al listello a proravia dell’albero ho incollato una striscia di compensato marino da 6 mm. larga 15 mm. e lunga quanto l’albero, lo stesso ho fatto sopra il primo listello a poppavia, quello verso l’interno dell’albero, solo che anziché 15 mm. l’ho fatta larga 12 mm. mentre sul secondo listello sempre a poppavia, la striscia di compensato, anziché da 6 mm. l’ho messa da 4 mm., avendo cura di lasciare tra la striscia da 6 e quella da 4 mm. uno spazio di 12 mm. che è quello che serve per realizzare la canaletta.

Questa composizione, la si può osservare più chiaramente sulla foto del disegno della sezione, in alto nella pagina.

Mi rendo conto, che ha leggere la descrizione sopra, il discorso, può sembrare eccessivamente macchinoso e complicato, ma vi assicuro che non è così, la cosa è molto più facile a farsi che a dirsi.

 
Ma andiamo avanti.

Per realizzare la canaletta ho riempito tramite una grossa siringa lo spazio di 12 mm. rimasto tra la striscia di compensato da 6 mm e quella da 4 mm. con della resina epossidica addensata con silice, sopra alla quale, ho steso un nastro di fibra di vetro unidirezionale, largo circa 15 mm. quindi una striscia di comunissimo polipropilene ed infine ho messo sopra al polipropilene una verga di acciaio cromato del diametro di 12 mm. e lunga 3 metri (quello utilizzato per costruire gli steli dei pistoni pneumatici) infine, ho stretto il tutto con dei morsetti, sia lo stelo che il piano del tavolo, facendo debordare senza troppe preoccupazioni, tutta la resina in eccesso.

 

La differenza di spessore tra il compensato da 6 mm. e quello da 4 mm. (2 mm.) che una volta  "chiuso" l’albero diventano 4, serve a creare l’apertura della canaletta per l’inferitura della vela, come si può dedurre anche dalla foto del disegno.

 

 

Il giorno dopo, ho disarmato il tutto (morsetti, stelo e polipropilene) ho rifilato accuratamente tutta la resina in eccesso, con una pialla vecchia, in quanto la resina rovina il filo del ferro che taglia e così ho ottenuto una perfetta semicanaletta fatta in "stampo".

L’unico inconveniente è che la barra di acciaio la si trova solo della lunghezza di tre metri (almeno dalle mie parti) e quindi la canaletta, bisogna farla per forza in due volte.

Una volta costruiti i due pezzi (semialberi) con il sistema sopradescritto, ho applicato all’interno di ciascuno, uno strato di fibra di vetro da 400 gr/mq. rinforzando nei punti di maggiore sollecitazione, (...attacco crocette, attacco sartie ecc.) con ulteriori 5/6 strati della stessa fibra.



 

Ho anche incollato 5 ordinate in compensato da 6 mm. equidistanti tra loro e prima di "chiudere" l’albero ho fatto passare i due messaggeri che serviranno in seguito a tirare dentro le drizze della randa e del fiocco.

Naturalmente, è importantissimo che quando si "chiude" l’albero, esso sia perfettamente in piano, ed i morsetti, vanno messi equidistanti ed il più vicino possibile uno all’altro, comunque devono aggrappare sia l’albero che il piano del tavolo.

 

 

A questo punto, l’albero è fatto, ma solo nel suo interno, quindi armato di pazienza e con molta calma, ho incominciato a farlo diventare, da rettangolare a ottagonale dove serviva e così via fino ad ottenere le sezioni sopradescritte.

  

Una volta raggiunta la forma voluta e lisciato per bene il tutto con carta vetrata fine, ho provveduto a passare due mani di resina epossidica, carteggiando tra una mano e l’altra, quindi 6 mani (avete capito bene, sei mani) di vernice poliuretanica bicomponente trasparente, carteggiando leggermente tra una mano e l’altra.

Una bella fatica, ma ampiamente ripagata dal risultato finale.
Per il boma, che ho provveduto a realizzare con la stessa sezione ovale dell’albero (80x62 mm.) ho utilizzato anche lo stesso procedimento di costruzione, compresa anche la realizzazione della canaletta, solo che è più corto (solamente 2,4 metri) quindi ho finito prima. 

A questo punto dei lavori, manca l’esecuzione del ciclo di verniciatura eterno, la realizzazione delle panche laterali e del bottazzo, che penso di realizzare in mogano, ma l’albero, con tutta la sua ferramenta, il boma ed il timone, sono terminati.


 

 


 

 

 

 

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